La giudaica

Un pò di storia

Nel 1557 il concittadino Domenico Longo, di ritorno da un viaggio in Palestina, dove aveva visitato i luoghi in cui il Cristo aveva vissuto il martirio della Crocifissione per la Salvezza di tutti gli uomini, volle riprodurre la cappella costruita dalla Regina Elena in Gerusalemme ed edificò il “Santuario della Madonna dello Spasimo” in località “Le Cappelle”. Intorno alla chiesetta furono costruite delle cappelline rappresentanti, ognuna, un episodio della Passione.

Il “Santuario delle Cappelle”, luogo di culto e meta di numerosi pellegrini, sarebbe stato, secondo gli antropologi, lo scenario in cui fu rappresentata per la prima volta la Giudaica. Punto di contatto e di confluenza delle tante vicende della vita quotidiana, dei conflitti generazionali, degli avvenimenti e delle trasformazioni socialmente più profonde “La Giudaica” è parte della storia del popolo lainese. Significativa è l’edizione del giugno 1947, a memoria d’uomo, dopo quella ufficiale, volta a stimolare un rinnovamento generazionale nell’organizzazione e nella rappresentazione della Giudaica. S’intuisce, quindi, come sia possibile la commistione di sacro e profano che caratterizza la rappresentazione.

Per questa sua caratteristica la chiesa è stata sfavorevole al fatto che fosse tramandata infatti, nel 1982 il vescovo di Cassano ne aveva impedito la realizzazione. Successivamente, le autorità ecclesiastiche modificarono le loro posizioni perchè capirono l’importanza di un rito che apparteneva oltre che alla religiosità della comunità lainese, anche alla sua cultura. Oggi la Giudaica è un fatto che si ripete, la sintesi di un gesto che è stato compiuto dagli avi di ognuno dei protagonisti e non è modificato dalla volontà di realizzarlo con mezzi più moderni: usando, ad esempio, costumi che riflettono la realtà dell’epoca.

Per circa cinque mesi , nelle umide sere d’inverno del paese montano, giovani e veterani, bambini, donne e uomini si incontrano, radunati dal richiamo convenzionale di una tromba, per preparare le scene, i costumi, la recitazione dell dramma della morte di Cristo, ricordata nei versi del Morone.

La tragedia del Venerdì Santo, rivive nelle vie del paese, amplificata dall’intensità dell’interpretazione di chi, in quel giorno, come duemila anni fa, ripete i gesti che hanno portato al martirio del Redentore. La recitazione è divisa in diciannove scene, nelle quali gli attori vivono le emozioni, i dubbi, le paure e il dolore di chi era presente e complice del dramma del Messia. Subito dopo avviene la Deposizione della croce del Cristo ed inizia la Processione verso la Chiesa del Santo Spirito.

Il compimento di questo rito collettivo, evoca sentimenti che partono dalla peggiore manifestazione d’umanità (la complicità nel deicidio), al pentimento ed al pianto.

La forza di queste sensazioni, associata alla loro appartenenza al patrimonio culturale della collettività, spiega l’amore per la Giudaica e la sua presenza negli eventi della vita dei lainesi.

Il testo de “La Giudaica” è custodito dall’Associazione Pro Loco

Le scene

Gesù chiede a Pietro ed a Giovanni di andare da Marco per annunciargli che il Maestro vuole cenare a casa sua.

Gesù rivela agli Apostoli l’imminente tradimento e l’ingiusta condanna a morte che Lo attende, a compimento del suo sacrificio. lava i piedi degli Apostoli invitandoli a continuare la sua opera ed istituisce l’Eucarestia consacrando il pane ed il vino.

I capi religiosi ebraici, riunitisi in concilio, decidono di arrestare Gesù perché ritenuto colpevole di diffondere false dottrine e di sobillare il popolo. Alla fine si decreta la Sua condanna a morte. “… e noi, anche ingiusta che sia, procureremo dargliela con ogni mezzo che ritrovar potremo…”. Non condividendo la tesi della colpevolezza del Nazareno, i suoi difensiìori, Nicodemo e Giuseppe D’Arimatea, abbandonano il Concilio. Giuda, intanto, concorda con i Sommi Sacerdoti il prezzo del suo tradimento.

Nell’orto degli ulivi Gesù, in compagnia degli Apostoli più fedeli, prega, rivolgendosi al Padre, ed accetta, infine, il suo destino di agnello sacrificale per far si che si compia la volontà del “Padre Celeste”. Gesù, nonostante il tentativo di difesa di Pietro, viene catturato dai soldati guidati da Giuda.

Gesù, da Hannah, consigliere del Sommo Pontefice Caifas e suo principale accusatore, inutilmente interrogato sui falsi principi della “empia” dottrina, viene fatto condurre al Sinedrio affinché Lo si dichiari reo di morte.

Gesù è nuovamente interrogato sui “falsi principi” predicati alle masse del tempio e nella sinagoga. Incolpato di aver sobillato e sovvertito il popolo di Giudea, nonché di aver bestemmiato ritenendosi “figliuol di Dio e re d’Isdraelo”, viene accusato di sacrilegio ed inviato al cospetto di Pilato affinché gli si dia “morte spietata, spaventevole e fiera”.

Pietro, sconvolto ed impaurito per il pericolo di essere anch’egli accusato dai componenti del Sinedrio, rinnega di essere un seguace di Gesù; rimasto solo e, ricordando le parole del Maestro, si pente della sua viltà: “… ed io, mentitore grande fui, faslo e bugiardo: che dalla gola la lingua mi si svelga e dal cor, l’anima”.

Giuda, intuita la imminente tragedia dovuta al suo tradimento, s’impicca maledicendosi, pronunziando il suo tradimento: “… lascio l’alma all’inferno, agli avvoltoi la carne, le ossa ai venti ed alle tempeste, l’empio bacio al Maestro…”

Pilato volendo evitare la Sua morte, sostiene di non avere il diritto di condannarLo e lo fa condurre da Erode, re dei Giudei. “… un uomo, che risponde col silenzio a tante accuse, mi sorprende … a me, reo non sembra”.

Erode interroga Gesù, ma non ricevendo nessuna risposta, Lo deride e Lo rimanda da Pilato. “… eppur costui, indifferente, sente e non risponde, mi guarda e tace … di certo è pazzo, uno scimunito”.

Pilato cerca di evitare la morte di Gesù nel quale non riconosce alcuna colpa, infliggendoGli la flagellazione. “Che gli si dia un castigo, un castigo dico, e non altro”.

Gesù, legato ad una colonna, viene flagellato. Solo grazie all’intervento di un centurione romano i suoi carnefici cessano di frustarLo. “Olà, carnefici! Basta … Volete dar morte ad un innocente prima che sia condannato?”

Pilato presenta il Cristo flagellato a suoi interlocutori ed alla folla, convinto che ciò basti a placarne gli animi (ecce homo). I suoi accusatori, Nizet e Misandro, avendo ormai capito le benevoli intenzioni di Pilato, fanno intervenire direttamente Caifas per constringere il proconsole romano a condannarlo, anche ricorrendo al ricatto. “… udrà Roma i furti e le rapine che si faranno tuttodì!”. Concesso alla folla il diritto di scegliere tra la vita del Nazareno e quella di Barabba, il popolo preferisce dare libertà a quest’ultimo. A frenare Pilato, oltre che ai tentativi di Giuseppe D’Arimatea e di Nicodemo, è anche la volontà di sua moglie che, inviata una serva come messaggera, gli fa riferire di un sogno premonitore di lutti e tragedie che si sarebbero scatenate se avesse condannato il prigioniero. Pilato cede alle richieste e alle minacce di Caifas e pronunciando la condanna si lava le mani. “… dunque, volete ciò che ragion non vuole? … Si crucifigga, ma senza mia colpa”.

San Giovanni udita la condanna a morte, sconvolto e addolorato va incontro a Maria per prepararLa al’imminente tragedia. Gesù, trascinato dai manigoldi cade sotto il peso della croce: la Madonna Gli si avvicina e, abbracciandoLo, grida il suo dolore. “… crocifiggete me per Lui, io ve ne prego e per il mondo spargasi la voce che Maria per suo figlio è morto in Croce”.

Gesù, flagellato, non regge al peso della Croce che trascina sulle spalle e cede per la seconda volta. La Veronica, tentato di fermare i manigoldi dall’ingominioso ufficio, si dirige, in lascrime, con il dolor che le “strugge il cor”, verso Cristo per raccogliere le ultime memorie del morituro. AsciugatoGli il volto con un panno vede che l’immagine di Gesù vi è rimasta impressa, lasciata in pegno all’umanità.

Gesù, ormai in fin di vita, è schiacciato dalla Croce e il Centurione obbliga il Cireneo a farsene carico e a procedere verso il Calvario, luogo ove si compirà “… ciò che di lui lassù sta scritto”.

Condotto sul Golgota, Gesù è crocifisso insieme al ladroni. Nizet obbliga il Longino ad aprirGli il fianco con la sua lancia per finirLo; quest’ultimo, colpito dal Suo sangue all’occhio orbo, riacquista la vista e la fede. “Tutto è compiuto”: Gesù spira sacrificandosi per redimere i peccati dell’umanità.

Mentre si converte anche il centurione, Giuseppe D’Arimatea e la Madonna raccolgono le spoglie del Cristo morto e predispongono per la sepoltura. Deposto il corpo inizia la processione verso la Chiesa Madre.

Informazioni

Laino Borgo

7 aprile 2023

271 slm

Calabria

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